Nell’ultimo mese l’Agenzia delle Entrate si è espressa con quattro risposte ad istanze di interpello presentate sul tema del regime fiscale agevolato c.d. forfetario, di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, L. 190/2014.
Si tratta, in particolare, delle risposte numero:
- 102 e 103 del 14 aprile,
- 106 del 15 aprile,
- 108 del 16 aprile.
La risposta 102 si è occupata della causa ostativa all’applicazione del regime forfetario prevista dalla lettera d-ter) del comma 57 del citato articolo 1, introdotta dalla Legge di bilancio 2019, che stabilisce l’impossibilità di avvalersi del regime agevolato per “i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato”.
Come chiarito dalla risoluzione 7/E/2020, tala causa ostativa opera già dal periodo di imposta 2020 se i contribuenti nel periodo di imposta 2019 hanno conseguito redditi di lavoro dipendenti e/o assimilati in misura superiore ai 30.000 euro.
Nel caso trattato dalla risposta 102 l’istante ha dichiarato di aver percepito nel 2019 redditi di pensione per un importo inferiore a 30.000 euro, ma nel contempo di aver percepito dall’Inps quale emolumento arretrato assoggettato a tassazione separata, relativo a redditi 2018, un importo che, se sommato al reddito di pensione, porta ad un reddito complessivamente percepito nel 2019 superiore alla soglia dei 30.000 euro.
L’Agenzia non ha ritenuto integrata la causa ostativa di cui alla lettera d-ter), consentendo pertanto al contribuente l’accesso al regime agevolato a decorrere dal periodo d’imposta 2020 (ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti richiesti dalla norma), ritenendo che, poiché la lettera citata richiama espressamente i redditi di lavoro dipendente e assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50 Tuir, ai fini della determinazione del limite di 30.000,00 euro rilevino solo i redditi percepiti in via ordinaria, senza tener conto di arretrati che potrebbero falsare la determinazione di tali importi ai fini della predetta soglia.
Le risposte 103 e 108 si sono invece occupate di un’altra causa ostativa all’applicazione del regime forfetario: quella prevista dalla lettera d-bis) del comma 57, che stabilisce l’impossibilità di avvalersi del regime agevolato per “le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni”.
Nella risposta 103 l’Agenzia delle Entrate, nel sottolineare che la verifica del requisito della prevalenza va effettuata solo al termine del periodo d’imposta, ha evidenziato che, una volta decorso il biennio di osservazione (anni 2019 e 2020 nel caso di specie), ovvero la cessazione del rapporto di lavoro con l’ex datore di lavoro avvenuta da almeno due anni, il contribuente, sempre ferma restando la sussistenza degli ulteriori requisiti, può rientrare nel regime forfetario (dal 2021).
Nella risposta 108 l’Agenzia delle Entrate ha invece posto l’accento sul fatto che operazioni di trasformazione, scissione, modifica di denominazione che hanno coinvolto la società datore di lavoro, che pur ha modificato governance e compagine sociale, non vanno considerate come un cambiamento del datore di lavoro ai fini di poter beneficiare del regime agevolato.
L’ultimo chiarimento contenuto nella risposta 106 riguarda la causa ostativa di cui alla lettera b) del comma 57, che stabilisce l’impossibilità di avvalersi del regime agevolato per “i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto”.
La ratio di tale esclusione risiede nel fatto che un soggetto non residente può essere considerato nella medesima situazione di un soggetto residente, con conseguente parità di trattamento fiscale ai fini del regime forfettario, solo se:
- risiede in un Paese dell’Unione Europea ovvero in un Paese dello Spazio Economico Europeo (c.d. “SEE”, cioè Islanda, Norvegia e Liechtenstein), collaborativo ai fini dello scambio delle informazioni;
e
- produce in Italia, in qualità di Stato fonte, la maggior parte del suo reddito complessivamente prodotto.
Nella fattispecie trattata dalla risposta all’istanza di interpello n. 106/2020 è stato pertanto negato l’accesso al regime agevolato in quanto l’istante ha dichiarato di essere residente in un Paese che non fa parte dell’UE né dello SEE e non avrebbe prodotto la maggior parte del suo reddito in Italia, avendo intenzione di svolgere l’attività di lavoro autonomo in Italia, per un massimo di dieci giorni al mese.